Non so i vostri, ma i miei bambini hanno enormi difficoltà a comprendere la parola: “Aspetta”.
A noi capita spesso che a cena non si riesca a scambiare due parole tra adulti. Non appena cerchiamo di raccontarci qualche avvenimento della giornata o intavolare una discussione su qualcosa che ci preme, siamo costantemente interrotti da richieste più o meno urgenti. Fino a un certo punto entrambi abbiamo messo da parte le nostre necessità in favore dei bambini, ma ci stiamo rendendo conto che per noi non c’è nessun momento di recupero e che i bambini hanno iniziato a dare per scontato che ogni loro estemporaneità abbia la precedenza anche su discorsi seri tra genitori.
Mi sono chiesta se sia giusto, per noi e per loro.
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Secondo me il valore dell’attesa è parte della soddisfazione nel momento della risposta alla loro richiesta. Sarà che qui siamo in cinque, ma la parola “aspetta” si sente di frequente…
Eppure è sufficiente giustificare con una spiegazione (“sta parlando tuo fratello, un attimo che finisce”… oppure “ascolta anche tu che papone ci racconta cosa è successo oggi sul camion”). Così l’attesa acquisisce un significato, innanzitutto di condivisione.
Caspita, ma sai che fino ad ora lo facevamo, ma non mi ci ero mai soffermata sopra?
ne sono convinta!
e a volte fa anche bene soffermarsi su un aspetto e darsi una bella pacca sulla spalla 😉